Il Grande Oriente d’Italia e la sua storia senza tempo
Passato, presente e futuro della più antica e numerosa Istituzione massonica italiana
Tra Ottocento e Novecento • La Massoneria italiana trae le sue origini storiche nel ‘700 grazie a influenze inglesi, francesi e tedesche che determinarono la nascita di logge in gran parte della Penisola, tutte ispirate alla Gran Loggia madre inglese. Durante il governo napoleonico, l’attività latomistica ebbe una florida stagione e, nel giugno del 1805, Milano diventò sede del primo Grande Oriente d’Italia. Il viceré Eugenio di Beauharnais fu il primo gran maestro. Dopo la Restaurazione, la Massoneria si disperse e solo in poche aree geografiche, soprattutto al Sud, fu garantita la continuità delle logge che si risvegliarono con l’avvento del Risorgimento. Nel 1859, la loggia ‘Ausonia’ di Torino, animata da ferventi patrioti, diventò la cellula costitutiva di quel Grande Oriente che, ispirandosi alla solida struttura del periodo napoleonico, assunse nel tempo l’identità dell’istituzione nazionale oggi conosciuta. La sua organizzazione andò di pari passo con il processo di unificazione italiana. Torino fu la prima sede, poi fu la volta di Firenze e infine Roma. Tra i suoi gran maestri figura Giuseppe Garibaldi, nominato primo massone d’Italia ad vitam nel 1864. Il Grande Oriente conobbe un periodo di grande vitalità durante il mandato del livornese Adriano Lemmi, convinto mazziniano e finanziatore del Risorgimento, che, grazie alle sue doti carismatiche e organizzative, potenziò l’istituzione favorendo l’ingresso nelle logge anche ai ceti meno abbienti. A lui fece seguito Ernesto Nathan, apprezzatissimo sindaco di Roma dal 1907 al 1913, che lasciò un’impronta decisiva nella Massoneria. Con Nathan, pure mazziniano, la Massoneria italiana si trasferì nel 1901 nello storico Palazzo Giustiniani (ora residenza del Senato della Repubblica italiana), acquistato dal Grande Oriente d’Italia dieci anni più tardi.
Diceva il Gran Maestro Ernesto Nathan nel 1901, il giorno dell’inaugurazione della nuova sede del Grande Oriente d’Italia a Palazzo Giustiniani: “La Massoneria vive e fiorisce per essersi di volta in volta tuffata nell’acqua lustrale del progresso, assimilando ogni nuova fase di civiltà, il più delle volte divenendone banditrice. Siamo noi, che in nome di quel principio di fratellanza, abbiamo iniziato, spinto innanzi il movimento per la pace, siamo noi il germe dei vagheggiati stati uniti d’Europa”.
A Nathan seguì lo scultore Ettore Ferrari, sempre seguace di Mazzini e autore di opere conosciutissime in Italia e all’estero: a Roma, solo per fare un esempio, è sua la statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori, inaugurata con grande clamore nel 1889; fuori i confini nazionali, ha realizzato i monumenti di Giovanni Heliade Radulesku a Bucarest, Abramo Lincoln al Metropolitan Museum di New York, Giuseppe Verdi a Filadelfia, Antonio Meucci a Staten Island, Lesbia a Chicago, Traiano e Decebalo a Cluy, Ai caduti ad Alessandria d’Egitto. Ferrari fu a capo del Grande Oriente nel periodo della famosa secessione del 1908: la scissione originò una nuova organizzazione massonica guidata dal pastore protestante Saverio Fera. Nel 1917, Ernesto Nathan fu di nuovo eletto gran maestro. In quel momento così gravoso per l’Italia, fu giudicato l’unico autorevole a gestire l’Istituzione massonica in uno scenario devastato dal conflitto mondiale.


Il periodo fascista costituisce sicuramente il momento più tragico del Grande Oriente d’Italia che nel 1925, sotto la gran maestranza di Domizio Torrigiani, sciolse le logge in osservanza della legge sulle associazioni, del novembre dello stesso anno, voluta da Mussolini per far tacere l’ultimo baluardo di libertà nel Paese. Il Grande Oriente d’Italia trasmigrò in Francia, Palazzo Giustiniani fu confiscato dal governo, i massoni furono perseguitati, talvolta uccisi (com’è il caso di Giovanni Becciolini, nominato Gran Maestro Onorario alla memoria nella Gran Loggia 2015), le sedi delle logge prese d’assalto e distrutte. I liberi muratori d’Europa, incalzati dalle condanne dei governi totalitari, seguirono lo stesso destino e furono vittime anche nei campi di concentramento nazisti: la stima, approssimativa perché non del tutto esaminata a livello internazionale, si aggira intorno a 80 mila (anche se qualcuno cita il doppio). A Roma, nell’eccidio delle Fosse Ardeatine morirono 18 massoni.
Dal secondo dopoguerra a oggi • Alla fine del secondo conflitto mondiale, la Massoneria si risvegliò in Italia un po’ ovunque, anche se frazionata in gruppi. Guido Lay, eletto nel 1945, fu il primo gran maestro della Ricostruzione, cui fece seguito, quattro anni più tardi, il bolognese Ugo Lenzi che operò con impegno alla ricomposizione della Massoneria italiana e al ristabilimento dei rapporti massonici internazionali in uno scenario disperso e confuso sul piano della regolarità. Ci furono poi Publio Cortini e i due mandati di Umberto Cipollone. Quest’ultimo diede all’istituzione un indirizzo laico che avviò la Massoneria italiana a una fase culturale inedita, sostenuta in seguito dal gran maestro ravennate Giordano Gamberini, artefice del dialogo con le religioni. Ma arriviamo al periodo che va dal 1974 al 1981.
Con i gran maestri Lino Salvini e poi Ennio Battelli, il Grande Oriente fu scosso dal ciclone ‘P2’ (legato alle vicende di Licio Gelli) che generò una violenta campagna stampa accusatoria nei confronti della Massoneria intera, nonostante si fossero subito individuate responsabilità di singoli personaggi che, attraverso l’appartenenza alla P2, perseguivano vantaggi personali. Le loro attività, come si dimostrò chiaramente in seguito, non avevano corrispondenze con l’attività della Libera Muratoria e del Grande Oriente d’Italia in particolare. Dal caso mediatico derivò una complessa vicenda politica, con la costituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’onorevole Tina Anselmi, e un caso giudiziario che fece emergere la responsabilità di una “conventicola di affaristi” (si legge nella sentenza definitiva), formata da Gelli e dai suoi sodali, che era estranea alla loggia Propaganda Massonica N° 2 regolarmente costituita e che fu sciolta dal Grande Oriente nel 1982. Le accuse di “complotto ai danni dello Stato”, formulate a suo tempo dalla Commissione Anselmi, caddero definitivamente nel novembre 1996 quando la Corte Suprema di Cassazione ratificò la sentenza dei due gradi precedenti e secondo cui la P2 non fu coinvolta in alcuna cospirazione politica contro i poteri dello Stato.

In ogni caso, il danno al Grande Oriente e alla Massoneria era stato fatto: al giudizio di condanna si era aggiunta la cultura del sospetto, nel miglior stile complottista sempre in voga in Italia. Per concludere questa vicenda, occorre precisare che il Grande Oriente d’Italia si occupò di Licio Gelli in largo anticipo rispetto alla Magistratura, decretandone l’espulsione nel 1981. L’organo interno che lo mise sotto accusa fu presieduto da Armando Corona, futuro gran maestro. A lui, infatti, dal 1982, fu affidata la responsabilità di riportare la tranquillità nelle logge e di ripristinare l’immagine dell’istituzione agli occhi di tutti con l’impegno (ancora valido) di vigilare perché il caso P2 rimanesse unico nella storia del Grande Oriente. Il suo fu un lavoro a largo raggio che interessò, in modo particolare, l’essenza stessa della Libera Muratoria nella propria identità iniziatica e quindi il richiamo al rispetto e alla cura del proprio patrimonio culturale e simbolico. A Corona si deve il trasferimento della sede nazionale del Grande Oriente a Villa Il Vascello, sul Gianicolo, storica roccaforte garibaldina nella battaglia conclusiva per la difesa della Repubblica Romana.
Nel 1990 fu eletto gran maestro Giuliano Di Bernardo che fu però espulso nel 1993 per alto tradimento a seguito della sua secessione che originò, con pochi seguaci, un’altra organizzazione massonica. Tutto fu in concomitanza con un’indagine sulla Massoneria e presunte trame occulte, poi finita nel nulla e definitivamente archiviata nel 2000, condotta dall’allora procuratore della Repubblica di Palmi Agostino Cordova. Questi fattori minarono il grande lavoro di recupero del gran maestro Corona e imposero l’urgenza di avviare un nuovo corso della Massoneria in Italia.
Dopo pochi mesi di reggenza del gran maestro aggiunto Eraldo Ghinoi, nel dicembre 1993 fu eletto l’avvocato romano Virgilio Gaito che per cinque anni si occupò in maniera massiccia sul piano interno ed esterno, anche a livello internazionale, di ristabilire, ancora una volta, l’immagine del Grande Oriente d’Italia e ridare credibilità ai liberi muratori italiani che, travolti dai teoremi accusatori, dovettero rivolgersi alla Corte europea di Strasburgo per vedere tutelato il proprio diritto associativo di liberi cittadini. È del 1997 il primo ricorso, che raggiunse la prima vittoria del Grande Oriente nel 2001, con la condanna dello Stato italiano. Ora questa e altre battaglie per la giustizia fanno giurisprudenza. La svolta decisiva arrivò con il gran maestro Gustavo Raffi, avvocato di Ravenna, che dal 1999 e per tre mandati consecutivi ha instaurato con successo il dialogo con le istituzioni pubbliche attraverso una campagna di trasparenza e di concreto impegno culturale e umanitario che ha coinvolto tutte le logge. Dal 6 aprile 2014 è gran maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi, giornalista senese, che prosegue l’attività di apertura e di confronto con l’opinione pubblica e le istituzioni.