Redazionale
Il Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia Fabio Venzi ha appena finito di affrontare, in Gran Loggia a Roma, un tema molto serio: quale possa essere il ruolo del Liberomuratore di fronte alla società del consumo digitale.
L’argomento è per molti versi originale, eppure affonda le sue radici in un dibattito antico, quello che vede l’uomo e la Tecnica contrapporsi come i due leoni del mitologema ermetico, l’uno nel tentativo di aggiogare l’altro.
L’Allocuzione è da poche ore disponibile sul sito internet della G.L.R.I., pertanto riteniamo inutile ripercorrerne pedissequamente i temi (dalla dipendenza digilale alla nomofobia); più interessante, invece, ci sembra tentare di approfondire ancor di più il già corposo ed importante Lavoro del Gran Maestro.

Uomo e Tecnica
Dunque, dicevamo, l’uomo di fronte alla Tecnica: il primo è il soggetto del rapporto, la seconda, invece, una delle prerogative degli dèi, donata agli uomini non dal momento della loro comparsa sulla terra, ma agli albori della loro civilizzazione, affinché potessero con essa sopperire alla propria intrinseca debolezza.
Questa, almeno, la ricostruzione greca del connubio, valida per millenni, oggi messa in crisi dalle stesse potenzialità del “mezzo”, che dalla categorizzazione di “strumento” si sta sempre più affrancando, imponendosi come fattore auto-agente.
Nulla più sfugge alla contaminazione della Tecnica, persino l’etica è chiamata in molti casi ad inchinarsi ad essa. In quest’ottica, quali elementi critici il Liberomuratore può portare a beneficio del dibattito?
Fabio Venzi sottolinea che dall’Illuminismo in poi il progresso della Tecnica ha coinciso con il progresso tout court; nell’Ottocento, ma ancora di più nel Novecento, l’innovazione ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo capitalistico delle società occidentali, fino al superamento prima del concetto di “capitale”, poi della nozione di “produzione”, e recentemente persino dell’idea di “consumo”, arrivando al paradosso di costituire il super-fine del “consumo per il consumo”, con tutti gli impatti negativi addirittura per l’ambiente, con la cultura del fast fashion applicata ormai ad ogni aspetto della nostra vita, nella continua sollecitazione operata dal “mercato”.
In quest’ottica è ovvio come lo sviluppo della Tecnica prenda il sopravvento su ogni scelta politica e sull’idea stessa di “futuro”, acquisendo i connotati di un “mostro” la cui hybris è assoluta e non più controllabile.
Fabio Venzi afferma, arrivati a questo punto, che bisogna iniziare a porsi delle domande. E noi di liberomuratore.com ci proviamo…
Innanzitutto: qual è il valore portato avanti dalla Tecnica? La domanda deve far riflettere, e non poco. A ben pensarci, infatti, non sono passati neppure quarant’anni da quando erano le grandi ideologie a sussurrare alla Tecnica: “realizza i nostri valori!“, ebbene, oggi non è più così. Essa ha cessato di essere accessoria e servile, mentre le grandi ideologie che dominavano il mondo sono scomparse. Così la Tecnica ha iniziato sempre di più ad enucleare in sé i propri scopi, che pian piano sono collassati in un unico ed intrinseco mono-scopo: quello di essere generativa, per se stessa, di tutti gli altri scopi.
È in questo radicale cambio di paradigma che si inserisce il discorso portato avanti da Fabio Venzi.
Il Gran Maestro ci dice che è esattamente attraverso questi nuovi occhi che la Tecnica oggi guarda al mondo, in un modo come mai vi aveva guardato prima. E non solo essa guarda al mondo, ma si rivolge soprattutto all’uomo, e non solo nella sua integrità per così dire “fisica”, ma psicologia ed anche morale. In una moltiplicazione di potenze, quindi di possibilità, pressoché impensabili fino al secolo precedente.
L’uomo, concepito un tempo come coordinatore di mezzi in vista della realizzazione di scopi, corre così il rischio di perdersi in un labirinto di pulsioni incontrollabili ed incontrollate, con l’aggravante che, posto di fronte a questa infinità di realizzazioni raggiungibili, ogni suo potenziale scopo si annulla nel successivo, in un meccanismo di alienazione che segna il vuoto degli animi, delle coscienze e – ancora peggio – delle rappresentazioni collettive.
La Tecnica domina sull’etica
In questo scenario nulla può più nemmeno l’etica. Perlomeno, non quella proposta finora dallo studio delle categorie fondamentali dell’essere. Questo perché? Semplicemente perché anche quel tipo di etica è a sua volta problematicizzata, non certo “risolta” dalla Tecnica, manifestandosi molto lontana da quel “cristallo trasparente” che immaginava, ad esempio, un sociologo come Max Weber…
L’etica, così contaminata, diviene essa stessa forma radicale e distruttiva della volontà di potenza. In cui il senso originario, cioè pre-ontologico, “innocente”, dell’etica viene perduto, e proprio come la tecnica con i suoi scopi, così anche per l’etica si propone il modello auto-generativo: l’etica determina da sé tutti i valori possibili, alimentando la ferocia attuale di un mondo che sempre più sperimenta la recrudescenza delle guerre.
Lo sguardo iniziatico
Ci piacerebbe, con Fabio Venzi, partire da questa posizione, che lui ha avuto l’ardire di delineare sapientemente e conquistare, addentrandosi con grande coraggio in un territorio molto scomodo ed inesplorato.
Da questo “disastro” del mondo contemporaneo possiamo iniziare a ragionare, insieme a lui, di Massoneria? Possiamo assumerci il carico morale che questo comporta, alla luce degli insegnamenti simbolici, di cui la Massoneria stessa è portatrice.
Fabio Venzi, ancora una volta, corre in soccorso dell’ascoltatore, e gli mostra che non bisogna lasciarsi ingannare dal fallimento di un percorso errato, iniziato con l’Illuminismo, ma anzi occorre, quel percorso, ripercorrerlo a ritroso, per comprendere dove è avvenuto il punto di rottura con la Tradizione, cioè con quel differente linguaggio, oggi creduto perduto (ma non è così!), dativo di valori trascendentali, tali da non aver la necessità della sottostante e continua produzione di altri valori e di altri scopi per avvalorare se stessi, in quella catena mortifera di vacuità in cui tanti, soprattutto i giovani, trasformano la loro vita.
È questa, in definitiva, la Lezione che il Gran Maestro Fabio Venzi ha dato oggi ai massoni della sua Gran Loggia Regolare d’Italia e a tutti i massoni italiani: occorre recuperare un linguaggio.
Un recupero della Tradizione che può partire solo e soltanto da nuovi paradigmi e dalla ricostruzione della nostra capacità critica. Il recupero di uno spirito d’analisi che deve rappresentare il nuovo umanesimo.
Parrebbe impresa ardua da realizzare, ma la Massoneria possiede al suo interno l’antidoto rappresentato dal linguaggio simbolico, che nella sua apertura immaginativa è capace di elevare la coscienza a quei piani sottili in cui è possibile il recupero di un “senso del mondo” celato, ma non perduto.
Questo “senso” è l’armonia del Tutto, e attraverso questa armonia il massone riscopre la propria “responsabilità”.
Questa “responsabilità” è appunto quel significato pre-ontologico dell’etica cui si alludeva prima. Un significato capace di recuperare il divenire delle cose del mondo alla loro unità originaria, ad una coesione capace di allontanare l’alienazione e la paura, riportandole al punto di fuoco.
Questo “fuoco” dovrà essere per i massoni quel punto capace di esercitare la sua forza attrattiva nei confronti delle forze disgregatrici e distruttive che stanno minando l’uomo ed il Pianeta.