Con la Sentenza sul “Proc. n. 05/2024 R. Trib.” il Grande Oriente d’Italia ha chiarito, in maniera definitiva e perentoria, la sua avversione agli appelli antimafia dei suoi aderenti: “Sono contrari agli Antichi Doveri e alla Costituzione dell’Ordine”
«Condanna alla sanzione della censura solenne, con l’esclusione dalla partecipazione ai Lavori massonici per il periodo di un anno, con l’interdizione da qualsiasi carica per un periodo di 3 anni, oltre al pagamento di € 3.000,00 di spese procedimentali», è questa la sentenza (depositata il 29 novembre presso il Quartier Generale di Vibo Valentia) che il G.O.I. ha inteso irrogare con mano severa al candidato Grande Oratore messinese Silverio Magno, balzato nel corso di quest’anno agli onori delle cronache nazionali per le sue dure posizioni antimafia in seno al Grande Oriente d’Italia.

Silverio Magno, insieme al candidato Gran Maestro Leo Taroni, aveva proposto una svolta radicale per la Massoneria italiana, prospettando la fine del regime negazionista, sul tema “infiltrazioni”, instaurato dall’ex Gran Maestro Stefano Bisi, con l’avvallo tecnico degli avvocati calabresi Fabio Federico e Raffaele d’Ottavio.
Una svolta per ora arginata dalla strenua resistenza post-elettorale del fronte lealista, disposto a tutto pur di non abbandonare il potere garantito dai contatti e dall’ingente giro economico di “Villa il Vascello”, un vero e proprio Ministero italico con portafoglio, agli affari interni e internazionali.
Le “colpe” del notaio Magno possono agevolmente leggersi nel documento pubblicato per intero dal Canale Telegram Notizie massoniche italiane:
- Per aver accusato il Fratello Antonino Recca (N.d.r.: ex Presidente della Circoscrizione massonica siciliana) di aver esercitato indebito controllo sulle Logge della Circoscrizione durante il di lui mandato di Presidente del Collegio medesimo … per finalità estranee all’adempimento del proprio mandato, ovvero per contribuire ad un sistema intimidatorio con caratteristiche mafiose;
- Per aver accusato il Fratello Antonino Recca di aver indebitamente utilizzato il patrimonio del Collegio per visitare gli Orienti e le Logge … ;
- Per aver denigrato il profilo massonico del Fratello Antonino Recca, invitandolo a “Tornare tra le Colonne” e avere, finora, “perso tempo” con la sua attività quale Libero Muratore.
- Per aver ribadito le espressioni assunte verso il Fratello Recca in una chat attiva con numerosi Fratelli;
- Per aver denigrato la figura del Gran Maestro in carica all’epoca, Fr. Stefano Bisi, sia in relazione alle decisioni dallo stesso e dalla Giunta assunte in ordine alle vicende della R.l. Arnaldo da Brescia all’Or. di Licata, relative alla vicende giudiziarie del V. Lauria; sia attribuendo all’informazione diffusa dal G.M. e dalla Giunta caratteristiche da dittatura (“perchè ormai vigiamo in tema di Istituto Luce, per non dire di PRAVDA“) sia squalificando alcune iniziative del G.M. e della Giunta: “Che ci importa se si parla di Massomafia, l’Istituzione va bene perché illuminiamo un campetto di calcio“;
- Per aver descritto un preteso ampio disegno di pressioni e di potere, in cui si “deve andare a Palermo a baciare l’anello del satrapo di turno“. Aggravato da “telefonate di minaccia“, “corruzione di fantini e cavalli“, “ispezioni che non hanno né capo né coda“, “uso intimidatorio delle Tavole d’Accusa (N.d.r.: una sorta di denunce scritte, interne al sistema giudiziario massonico parallelo a quello statale)”, “abuso di determinate posizioni per incutere timore“. Tutte attività definite: “Mentalità mafiosa qua dentrole Colonne“, e con riferimento a “Calabria e Sicilia e non altrove“. Dipingendo, in tal modo, un preciso riferimento alle figure della Giunta, Fratelli Trumbatore e Seminario, esponenti apicali di queste Regioni, accomunati alla pretesa “Mentalità mafiosa”;
- Per aver affermato che durante i Collegi circoscrizionali, ai MM.VV. non fosse concesso di prendere la parola, in quanto concesso “solo al Presidente e a un componente di Giunta“, con esplicito riferimento al Fratello Giuseppe Trumbatore;
- Per aver attribuito alla Fondazione Grande Oriente d’Italia un profilo statutario in contrasto con l’etica e le finalità del Grande Oriente d’Italia (“ha un regolamento con delle perle che rasentano anche il ridicolo“), con specifico riferimento al Fratello Antonio Seminario, Gran Maestro in carica (N.d.r.: in realtà oggi deposto dalla nota “Ordinanza Manzi”), con l’espressione: “per essere contenti, quando si passa a Cosenza, di vedere un bell’edificio che è costato tremilioni di euro … con quella cifra se ne fanno otto di Case massoniche decenti”, e inoltre: “Con questa Fondazione il futuro Gran Maestro della Gran Massoneria di Calabria e di Sicilia potrà andare dal Consiglio di Fondazione e dire che per quella Casa che affitti a ‘x’ io ti do ‘x’ più dieci euro: la devi dare a me perché non hai nessun vincolo col G.O.I.”
La condanna di Silverio Magno, pronunciata dagli Alti giudici massoni calabresi Pasquale Sottilotta (Presidente), Antonio Borrello (giudice relatore) e Paolo Le Pera (giudice semplice), assistiti dal segretario Aldo Giroldini, si inserisce nell’aspro dibattito interno al G.O.I., che vede attualmente spaccata geograficamente (Nord/Sud) la più importante e numerosa comunità massonica del paese.
La reazione di Silverio Magno
Con una nota diffusa tramite Notizie massoniche italiane, che sempre più appare l’Agenzia di stampa “unofficial” del Grande Oriente d’Italia, Silverio Magno ha fatto sapere di essere al lavoro al fine di presentare rapidamente ricorso avverso la decisione presa in Calabria.
Inoltre, ha tenuto a precisare di non aver mai avuto ripensamenti circa le sue dichiarazioni, riportate fedelmente nella sentenza. Anzi di confermarle appieno.
Senza che mai egli abbia solo immaginato di “chiedere scusa”, come qualche disinformato aveva maldestramente avanzato, nei confronti dei suoi “carissimi Fratelli” Antonino Recca e Giuseppe Trumbatore.
*In copertina una ricostruzione grafica IA del volto di Silverio Magno